04 novembre 2014

MALTRATTAMENTI:VIAGGIO NELLA REALTA' DELLE LEGGI ITALIANE

di Stefano Bovone

Ogni anno in Italia decine di migliaia di presunti maltrattamenti vengono segnalati alle forze dell’ordine e alle associazioni di protezione animali.
Abbandoni per liberarsi del compagno peloso che non serve più, situazioni di detenzione non regolare da parte di privati o canili,violenza per puro divertimento,uccisioni per sadismo documentati con filmati e caricati su Youtube come denuncia o per vanto.
Il panorama dei maltrattamenti sugli animali è davvero molto ampio e variegato.

Per la legge italiana gli animali sono divisi principalmente in 3 settori:da compagnia, da reddito e fauna selvatica e già da questo si denota che le nostre leggi siano specifico speciste, cioè si differenziano in base alla specie di appartenenza e non alla capacità di provar sofferenza e al livello di sofferenza provata.
In pratica quello che avviene oggi sugli animali da allevamento è quello che avveniva in passato sulle persone e che aveva nomi quali schiavismo, razzismo o sessismo,gli ebrei nei campi di concentramento venivano chiamati maiali dai nazisti.
Ovviamente gli animali considerati di serie A sono quelli che abbiamo scelto di tenere a nostro fianco nella vita di tutti i giorni e sono principalmente cani e gatti. Sono questi a godere della maggiore tutela dai legislatori fino ad arrivare ad animali che non sono nemmeno contemplati come tali dalle leggi e quindi assolutamente indifesi,come potrebbero essere le talpe,nel mezzo ci stanno tutti gli altri.

Il grosso impegno delle associazioni protezioniste in questi anni ha fatto in modo che almeno per quanto riguarda gli animali d’affezione siano state approvate leggi che puniscono penalmente il maltrattamento per i vari livelli di sofferenza inflitti,fino ad arrivare alla pena più grave derivata dalla morte dell’animale.
Purtroppo l’inadeguatezza della pena porta nella maggior parte dei casi al solo pagamento di un’ammenda,anche qualora sia stati reputati colpevoli di questo tipo di reati.

Bisogna però considerare che fino a pochi anni fa non vi erano leggi a tutela animale che li riconoscevano e tutelavano in quanto esseri  senzienti capaci di provare dolore,le uniche leggi che punivano i comportamenti dannosi non erano per la reale sofferenza oggettiva provata dalla vittima,ma per il sentimento di disagio che poteva provare un umano vedendo un comportamento deplorevole.
Altra differenziazione nell’ applicazione delle leggi è quella geografica.
Nel Sud le amministrazioni non investono nell’ accalappiamento dei randagi e nella costruzione di strutture, si arriva persino ad introdurre una nuova figura non prevista dalla legislazione il “cane di quartiere”,censito da Comuni e Asl.
Per quanto riguarda invece le altre categorie quelle da reddito e la fauna selvatica il cammino è ancora molto lungo,le leggi in materia sono pochissime e quasi mai tengono conto della reale sofferenza che non necessariamente deve essere fisica,ma che può benissimo essere anche psicologica.
L'apice lo si raggiunge considerando  alcune specie “dannose”,parlando della fauna selvatica, specie che hanno sempre vissuto nelle nostre campagne e che a causa di una cattiva gestione di soldi pubblici, che non  usati per la prevenzione,diventano il divertimento dei cacciatori.

Ma noi cosa possiamo o dobbiamo fare se abbiamo notizia o assistiamo ad un maltrattamento? Dobbiamo avere il coraggio di denunciare e dobbiamo pretendere l’intervento delle forze dell’ordine ,anche se quasi sicuramente cercheranno di scaricare la competenza su altri corpi.
Se questo dovesse succedere ricordiamo loro che,in quanto pubblici ufficiali,il non adempiere ad un dovere porta ad una condanna penale in base all’Art. 331 C.p. “Omissione d’atti d’ufficio”e soprattutto cerchiamo di non votare più i politici che non hanno a cuore i diritti dei nostri amici che non devono essere strumento politico per raccattare voti ma argomento politico di discussione.